Flebite

Cenni storici
La flebite fu descritta per la prima volta nel 1784 dal chirurgo scozzese John Hunter, anche se il termine flebite fu poi introdotto da Breschet, medico francese, nel 1818. Hunter riconobbe la forma settica che spesso era conseguenza di un salasso. Nel 1865 Henry Lee introdusse la legatura delle vene superficiali come cura chirurgica in caso di tromboflebite settica. Fu il patologo tedesco Rudolf Virchow a individuare e descrivere le cause che portano alla formazione dei coaguli di sangue (trombi) che si formano nelle vene. Riassunse tali cause nella “Triade di Virchow” (1845), secondo la quale la formazione di un trombo è riconducibile a tre alterazioni predisponenti principali, ovvero: alterazione della parete del vaso (lesione endoteliale), riduzione del flusso sanguigno (stasi venosa o turbolenza), ipercoagulabilità (stato trombofilico).

Che cos’è
La flebite è un’infiammazione della parete dei vasi sanguigni venosi, principalmente delle vene superficiali (flebite superficiale), in particolare degli arti inferiori. Se l’infiammazione si associa alla presenza di un coagulo di sangue (trombo) che ostruisce il vaso, si parla di tromboflebite.
La tromboflebite venosa profonda colpisce le vene situate più in profondità. I coaguli di sangue possono provocare, a loro volta, la comparsa di emboli che possono quindi ostruire i vasi e, addirittura, viaggiare fino ai polmoni (embolia polmonare), generando una condizione potenzialmente pericolosa per la vita.

Cause e fattori di rischio
La flebite superficiale è solitamente causata da un trauma locale a una vena – dovuto, ad esempio, a un’iniezione o un catetere endovenoso – o da un’infezione che si sviluppa nella vena o in prossimità della stessa. Frequentemente la flebite superficiale è associata alle vene varicose.
La tromboflebite può avere molteplici cause, quali l’inattività dovuta, per esempio, a una lunga permanenza in posizione seduta, o patologie che alterano la coagulazione sanguigna. La trombosi venosa profonda (TVP) ha di norma origine da gravi traumi come fratture o interventi chirurgici. Esistono anche condizioni ereditarie che facilitano la formazione dei trombi (trombofilia).
I fattori di rischio che determinano un aumento della possibilità di sviluppare TVP includono:

  • inattività prolungata (allettamento, sedentarietà);
  • obesità
  • fumo di sigaretta, soprattutto in combinazione con terapia ormonale sostitutiva o pillola anticoncezionale;
  • gravidanza, in quanto l’ingrossamento dell’utero può comprimere le vene del bacino aumentando il rischio di coagulazione del sangue;
  • alcune patologie, quali i tumori, che aumentano il potenziale di coagulazione del sangue;
  • lesioni a braccia e gambe.

Sintomi
Nel caso di flebite superficiale, la zona interessata si presenta gonfia e dolorante, provocando una sensazione di prurito. La cute lentamente si arrossa in corrispondenza delle vene superficiali e la zona si avverte più calda al tatto. Le vene superficiali si induriscono e possono essere rilevate alla palpazione come un cordoncino dolente. A volte il dolore diventa molto vivo e, nel caso delle vene degli arti inferiori, può arrivare a compromettere la deambulazione. Generalmente i sintomi peggiorano abbassando le gambe. Può verificarsi un concomitante stato febbrile. Nelle trombosi venose profonde la componente infiammatoria è meno evidente e i sintomi posso essere molto meno marcati.

Quando rivolgersi rapidamente a un medico
È ragionevole cercare sempre assistenza medica in caso di gonfiore o dolore a un arto. Ciò è particolarmente rilevante se coesistono i fattori di rischio per tromboflebite venosa profonda, tra cui un riposo a letto prolungato o un intervento chirurgico recente. La TPV richiede cure mediche immediate, soprattutto in caso di:

  • febbre alta con sintomi descritti a livello di braccio o gamba;
  • presenza di protuberanze lungo la gamba;
  • forte dolore e gonfiore al braccio o alla gamba;
  • dolore toracico e sensazione di mancanza di respiro, che potrebbero essere sintomi di embolia polmonare.

Diagnosi
Di norma, nelle flebiti e tromboflebiti più superficiali è sufficiente l’esame obiettivo, senza che sia necessario effettuare ulteriori accertamenti. In caso di sospetto interessamento dei vasi profondi, sono indispensabili indagini strumentali come l’eco-doppler e l’angiografia, in grado di rilevare coaguli o blocchi del flusso sanguigno. Per determinare se vi è una predisposizione alle trombosi possono venire indicati alcuni esami del sangue specifici, quali antitrombina III (AT-III), proteina C e proteina S.

Trattamento
La flebite superficiale è raramente una condizione grave e si risolve, in genere, con il trattamento locale dell’infiammazione applicando impacchi caldi sulla zona colpita e assumendo farmaci analgesici e anti-infiammatori che aiutano a ridurre il dolore e l’infiammazione. Può essere d’aiuto anche indossare calze a compressione che migliorano il flusso sanguigno, alleviano dolore e gonfiore e determinano la diminuzione del rischio di sviluppare una TVP. In presenza di trombi, specie nei vasi profondi, è necessario ricorrere a farmaci anticoagulanti specifici, quali eparina e anticoagulanti orali. Nelle trombosi venose profonde molto recenti, possono essere usate sostanze ad azione fibrinolitica che sciolgono il trombo. I farmaci anticoagulanti vengono utilizzati anche in funzione preventiva, nei soggetti ad alto rischio.

Prevenzione
Il modo migliore di prevenire la flebite è praticare uno stile di vita che includa attività fisiche giornaliere quali camminare, nuotare, andare in bicicletta o ballare. È consigliato inoltre evitare di rimanere seduti o sdraiati per periodi prolungati e, se si è costretti al riposo a letto, indossare calze a compressione. Anche dal punto di vista nutrizionale è possibile seguire piccole accortezze quali bere molti liquidi per essere ben idratati e seguire una dieta che comprenda alimenti ricchi di antiossidanti (vitamina A, E, C), quali frutta e verdura, che contribuiscono a mantenere in condizioni ottimali i vasi sanguigni. Allo stesso risultato contribuisce la riduzione dei grassi animali (carne e latticini).

Si ringrazia la SIF – Società Italiana di Farmacologia per la collaborazione
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