Intervista a Renza Barbon Galluppi – Presidente UNIAMO


Renza Barbon Galluppi, Presidente UNIAMO (Federazione Italiana Malattie Rare onlus) lo dice apertamente: Qualcosa è cambiato. Le Associazioni dei pazienti sono più propositive, le Istituzioni più sensibili e le imprese più impegnate nella ricerca. Le malattie rare non sono più il deserto come alcuni anni fa e la Giornata Mondiale ne è un esempio. Si celebra l’ultimo giorno di febbraio per dare visibilità alla comunità dei pazienti che pur avendo una patologia rara possono provare a vivere “bene”, ovviamente se presi in carico tempestivamente e in maniera corretta.

Molto è stato fatto e molto resta da fare, ma le malattie rare oggi sono sempre meno rare. Occorre – dice ancora Barbon Galluppi - riportare ogni anno l’attenzione su questa tematica per far sì che rimanga una priorità di sanità pubblica a livello mondiale, altrimenti si rischia di fare marcia indietro e i pazienti questo non potrebbero accettarlo.
Anche in Europa la strada intrapresa è quella giusta, ma adesso bisogna trasformarla in impegno socio-economico per supportare le tante richieste di chi per molti anni non ha avuto voce.

E in Italia cos’è cambiato negli ultimi cinque anni per i malati rari?

“Basti pensare che dal 2007, grazie ad un accordo Stato-Regioni, alcuni finanziamenti del Ministero della Salute sono stati girati direttamente alle Regioni che autonomamente li hanno usati puntando su tre obiettivi: la riorganizzazione dei Centri di assistenza, la definizione dei piani terapeutici, diagnostici e assistenziali e dei registri per le malattie rare. Registri che a livello territoriale sono molto importanti perché sono stati inseriti tra i Lea, Livelli Essenziali di Assistenza (prestazioni e servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di un ticket) ed extra Lea offrendo così un sostegno economico e assistenziale a molte famiglie con pazienti rari”.

Tutto fatto allora?

“Non proprio. I tre obiettivi che ho appena citato devono diventare una realtà con una ricaduta assistenziale tangibile. Alcune Regioni si sono adeguate mettendo in piedi forme di presa in carico. Altre sono indietro. Allo stato dell’arte ci sono ancora troppi pazienti che devono spostare la loro residenza per avere un’assistenza. L’omogeneità di trattamento sul territorio è quindi quanto mai auspicabile”. E poi ancora…

Altre richieste alle Istituzioni?

…è necessario realizzare un Piano nazionale socio-sanitario per le malattie rare  che risponda ai bisogni dei pazienti. Il Ministero della Salute ha accolto la nostra richiesta e speriamo che si concretizzi velocemente.

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Anche le imprese del farmaco hanno dato un loro contribuito?

Le imprese in questi anni hanno investito moltissimo e migliorato, in diversi casi, la qualità e l’appropriatezza delle somministrazioni di alcuni farmaci. Se un paziente può prendere un farmaco ogni tre settimane invece che ogni giorno, ciò comporta un miglioramento della qualità della vita dei malati e delle loro famiglie.
Quello che però chiediamo alle imprese è di essere ancora più presenti all’interno dei tavoli dell’Health Technology Assessment (HTA) in cui si mettono sul piatto e si analizzano, con un approccio multidimensionale e multidisciplinare, le implicazioni medico-cliniche, sociali, organizzative di queste malattie.

In termini pratici cosa significa?

Significa essere alla pari. Ciò che il paziente conosce è una parte che l’altro interlocutore  non conosce. Il suo compito è quello di trasferirla all’industria che, a sua volta, ha il compito di recepirla per una risposta il più adeguata possibile ai bisogni di cura.

Per arrivare alla cura è necessario arrivare alla diagnosi? Rispetto al passato oggi è più facile?

Certamente sì. Formulare un sospetto diagnostico dal parte del medico di base o del pediatra è molto più semplice perché c’è più conoscenza, grazie ad una maggiore diffusione di informazioni rispetto al passato e anche la tecnologia sta facendo grandissimi passi in avanti.
C’è da dire però che questa innovazione costa e ha bisogno di finanziamenti e quello che auspichiamo sono azioni concrete da parte del Ministero della Salute e di quello delle Politiche sociali.

L’Italia ha un ruolo in Europa sulle malattie rare?

Il ruolo dell’Italia in ambito europeo è cresciuto molto. UNIAMO è nata proprio sulla spinta di tre rappresentati di tre associazioni diverse già presenti nei contesti internazionali e ora è diventata importante a livello europeo. Siamo molto orgogliosi di questo ruolo e allo stesso tempo responsabili.

Un riconoscimento per il nostro Paese quest’anno arriva anche dalla scelta di Eurordis (l’Organizzazione Europea delle malattie rare) di promuovere in 63 Paesi la giornata delle malattie rare con uno spot ufficiale tutto italiano, con i due protagonisti giovani pazienti rari, Margherita Petroni e Simone Gaito.
Nel video, in un mondo di fantasia, gli uomini riescono a superare gli ostacoli e creare un rete di solidarietà senza confini tra i malati e le loro famiglie. Lo spot realizzato da Carlo Hintermann è stato tradotto in 7 lingue e sta andando in onda su molte reti televisive internazionali. Tutto prende ispirazione da un film “The dark side of the sun” - con la regia sempre di Hintermann – che fa riferimento ad una malattia rara per cui chi ne è affetto non può stare alla luce del sole. Il film documenta la straordinaria esperienza di ragazzi affetti da questa patologia in un campo estivo notturno, unico al mondo, nello stato di New York in cui malati di tutte le parti del pianeta condividono esperienze di vita e di scoperta della natura durante la notte.


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