Emicrania


Cenni storici
Risalgono ai Babilonesi, nel 3000 a.C., le prime descrizioni di condizioni mediche correlate all’emicrania; informazioni più dettagliate sono state ritrovate in un papiro datato 1550 a.C. sepolto a Tebe. Ippocrate descrisse l’emicrania nel 460 a.C., spiegando il fenomeno dell’aura come una forte luce seguita da un dolore intenso che inizia dalle tempie per propagarsi al resto della testa, fino al collo. Egli attribuiva l’emicrania ai vapori che dallo stomaco si propagavano alla testa e riteneva che indurre il vomito aiutasse ad alleviare il dolore. Il papiro di Ebers (1200 a.C.) fornisce istruzioni per il trattamento dell’emicrania. Forse inconsapevolmente, gli egiziani avevano intuito che la compressione del cranio, agendo anche sui vasi sanguigni coinvolti, portava a un sollievo del dolore. Hua T’o, chirurgo cinese vissuto nel secondo secolo dopo Cristo, è considerato l’inventore degli anestetici ed è stato il primo a trattare le emicranie con l’agopuntura. Nel Medioevo il rimedio tipico per l’emicrania consisteva in soluzioni di oppio e aceto applicate sul cranio.

Che cos’è l’emicrania?
Si tratta di una condizione disabilitante che causa episodi di mal di testa, talvolta associati a nausea e vomito. Tra un attacco e l’altro i sintomi scompaiono completamente.

Chi soffre di emicrania?
L'emicrania si manifesta nel 10-15% della popolazione; sono colpite più le donne che gli uomini (quasi una donna su quattro). Interessa circa il 5% dei bambini, ma generalmente inizia dopo la pubertà, per avere la massima incidenza tra i 35 e i 45 anni. La frequenza degli attacchi è variabile, e può arrivare anche a numerosi episodi in una settimana.

Quali sono i tipi di emicrania?
L’emicrania senza aura è il tipo più frequente e disabilitante. Il dolore colpisce solo metà della testa, generalmente la parte frontale o laterale e talvolta si propaga al resto del cranio. Il dolore, moderato o grave, viene descritto come pulsante, ed è aggravato dal movimento della testa. Generalmente si intensifica e raggiunge un picco dopo 2-12 ore, per poi diminuire, ma a volte può durare anche per alcuni giorni. Oltre a nausea e vomito, si osserva intolleranza alla luce e ai rumori forti, alterata visione, naso chiuso, diarrea, dolore addominale. L’emicrania con aura colpisce circa una persona su quattro fra coloro che soffrono di tale patologia. I sintomi sono identici a quelli descritti prima, ma includono l’aura, un segno che si manifesta prima che si scateni il dolore. L’aura visiva è la più comune: si ha perdita temporanea della visione, lampi o flash, gli oggetti sembrano ruotare e ondeggiare. Altri frequenti tipi di aura comprendono intorpidimento, formicolio (che generalmente si propagano dalle mani alle braccia, per poi coinvolgere faccia, labbra e lingua) e alterazioni del linguaggio. Ogni aura, che può presentarsi da sola o in successione, può durare da qualche minuto a un’ora, per poi scomparire e dare spazio al dolore. Può anche succedere che l’aura non sia seguita dall’emicrania. Le fasi di un attacco di emicrania sono quattro e comprendono una fase premonitoria (caratterizzata da irritabilità, depressione, stanchezza), l’aura, l’emicrania e una fase risolutoria (caratterizzata da stanchezza, irritabilità, depressione e difficoltà di concentrazione). Tra i tipi meno comuni di emicrania rientra quella mestruale, che si verifica esclusivamente in corrispondenza del ciclo (emicrania mestruale pura, in 1 donna su 7 che soffre di emicrania).

Come viene diagnosticata?
La diagnosi viene effettuata in base ai sintomi tipici e non esistono test specifici per confermarla. La natura episodica degli attacchi è tipica dell’emicrania. Nel diagnosticare questa patologia è importante escludere altri tipi di cefalea, come quella muscolo-tensiva, quella a grappolo e la nevralgia del trigemino. Inoltre, è importante escludere altre cause di cefalea acuta, quali ad esempio quelle indotte da emorragie cerebrali, oppure da trombosi dei seni venosi cerebrali.

Da che cosa è causata?
Le cause non sono state identificate con certezza. Una vecchia teoria suggerisce che si verifichi una compressione dei vasi sanguigni di alcune aree cerebrali, responsabili dell’aura. La successiva dilatazione dei vasi porterebbe, invece, all’emicrania. Questa teoria tuttavia, non è esaustiva. La teoria oggi più accreditata ritiene che una disfunzione di alcuni nuclei del cervello attivi un’onda di eccitazione seguita da inibizione e che si manifesta come aura. Dopo qualche minuto gli stessi nuclei attiverebbero altri nuclei e comporterebbero la dilatazione delle vene meningee responsabili della sensazione dolorifica. Tuttavia, le basi neurofisiologiche della patologia sono ancora oggi poco conosciute; sembrano essere coinvolti neurotrasmettitori, quali la serotonina, proteine della membrana neuronale, e canali ionici della membrana cellulare. Pur non essendo una malattia ereditaria, si riscontra spesso una familiarità, che induce a ritenere possibile il coinvolgimento di alcuni fattori genetici.

Da che cosa è scatenata?
La maggioranza degli attacchi di emicrania si manifesta senza motivo apparente. Tuttavia esistono fattori in grado di scatenare gli attacchi in soggetti predisposti, quali alcune abitudini alimentari (mangiare troppo in fretta, pasti irregolari), alcuni cibi e bevande (cioccolato, formaggio, vini rossi, cibi contenenti tiramina), fattori ambientali (fumo, luce intensa, forti rumori e odori pungenti), fattori psicologici (depressione, ansia, stanchezza, stress), farmaci (terapia ormonale sostitutiva, pillola anticoncezionale), ciclo mestruale, alterazione del ritmo sonno-veglia, menopausa.

Come viene trattata?
Gli analgesici così come alcuni antinfiammatori sono efficaci nel ridurre l’intensità degli attacchi o nell’eliminarli totalmente, purché siano assunti al comparire dei sintomi. Alcuni farmaci contengono un’associazione tra analgesici e antinausea per potenziare l'effetto degli antidolorifici, oltre a prevenire nausea e vomito. Altri, i triptani, agiscono interferendo con la serotonina e sembrano agire meno bene se non assunti in tempo utile (per esempio nella fase premonitoria o durante l’aura). L'uso cronico dei farmaci descritti può, a sua volta, indurre cefalea, per cui il loro uso va limitato agli attacchi acuti.

È possibile prevenire gli attacchi di emicrania?
In primo luogo è importante eliminare i fattori scatenanti descritti, in particolare il fumo, ed evitare situazioni stressanti. In caso di attacchi frequenti e di forte intensità, il medico può prescrivere farmaci specifici (beta-bloccanti, calcio antagonisti, anticonvulsivanti, antidepressivi triciclici). Purtroppo, anche nei pazienti che rispondono alla terapia l’azione di questi farmaci solitamente non porta ad una scomparsa degli attacchi ma solo ad una riduzione della frequenza e della loro intensità. Inoltre, la terapia è efficace solo in corso di assunzione e non ha effetti una volta interrotto il trattamento.

Si ringrazia la SIF – Società Italiana di Farmacologia per la collaborazione

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