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													 Considerato 
														il padre della medicina moderna, Ippocrate viene ricordato soprattutto per il 
														giuramento che porta il suo nome e che ancora oggi viene pronunciato dai futuri 
														medici. Ma le sue scoperte furono tantissime. 
													 
													Ippocrate nasce a Kos, in Grecia, nel 460 a.C. e muore a 
													Larissa nel 370 a.C. circa ed è considerato a ragione il padre della medicina. 
													Figlio di Eracleide e di Fenarete, Ippocrate proviene da una famiglia 
													aristocratica. Il padre, che diceva di essere un discendente di Asclepio, dio 
													della medicina, era egli stesso un medico. È il padre, insieme a Erodico 
													(probabilmente di Cnido) a insegnargli l'arte medica. Ippocrate viaggia molto 
													in tutta la Grecia e raggiunge anche in vita una fama eccezionale.
													 
													 
													Le principali innovazioni 
													Ippocrate è il primo a introdurre il 
                  concetto secondo cui la malattia e la salute di una persona 
                  dipendono da specifiche circostanze della persona stessa e non 
                  da superiori interventi divini. È anche il primo a studiare 
                  l'anatomia e la patologia e per farlo applica la dissezione 
                  sui cadaveri. Acquista grande fama nell'antichità soprattutto 
                  grazie al fatto che riesce a debellare la grande peste che 
                  colpisce Atene nel 429 a.C. Ippocrate introduce l'uso della 
                  cartella clinica e teorizza la necessità di osservare 
                  razionalmente i pazienti, prendendone in considerazione 
                  l'aspetto e i sintomi; a lui il merito di aver introdotto 
                  nella pratica medica, per la prima volta, i concetti di 
                  diagnosi e prognosi. La sua fama è dovuta anche, e forse 
                  soprattutto, alla sua attività di maestro: fonda infatti una 
                  vera e propria scuola medica e regola in maniera precisa le 
                  norme di comportamento del medico, raccolte nel suo famoso 
                  giuramento. Ipotizza la teoria umorale, secondo cui il nostro 
                  corpo è governato da quattro umori diversi (sangue, bile gialla, bile nera, flegma). Questi 
													quattro umori, combinandosi in differenti maniere, determinano la salute o la 
													malattia di un individuo. A lui si deve l'importanza del concetto di dieta e 
													alimentazione all'interno della dottrina degli umori; la coniugazione di 
													medicina e chirurgia (allo stato di pratica di purghe e salassi). Le sue opere, 
													una settantina circa, sono raccolte nel "Corpus Hippocraticum". 
													 
													
													 
													Il giuramento di Ippocrate 
													Ogni medico, prima di intraprendere la professione, deve pronunciare questo 
													giuramento. In pratica è un insieme di norme deontologiche a cui il medico si 
													deve attenere. Ne esistono due versioni: una moderna, che viene letta dagli 
													aspiranti dottori, e una antica. 
													 
													 
													Il giuramento antico 
													Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per 
													tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio 
													giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: di stimare il mio maestro 
													di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha 
													bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest'arte, se 
													essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli 
													insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio 
													maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del 
													medico, ma nessun altro. Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati 
													secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa. 
													Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né 
													suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale 
													abortivo. Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non 
													opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che 
													sono esperti di questa attività. In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il 
													sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra 
													l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi 
													e schiavi. Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche 
													fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario 
													sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili. E a me, dunque, che 
													adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita 
													e dell'arte, onorato dagli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se 
													lo violo e se spergiuro. 
													 
													
													 
													La versione moderna 
													Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e 
													dell'impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e 
													indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi 
													la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il 
													sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno 
													scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere 
													mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di 
													attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro 
													i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie 
													conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo 
													scienza e coscienza e osservando le norme deontologiche che regolano 
													l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto 
													con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione 
													esclusivamente alle mie capacità professionali e alle mie doti morali; di 
													evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e 
													comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione; 
													di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare 
													tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai 
													sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, 
													religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica; di prestare 
													assistenza d'urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in 
													caso di pubblica calamità, a disposizione dell'Autorità competente; di 
													rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta 
													del suo medico tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato 
													sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osservare il segreto su 
													tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito 
													nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato. 
													 
													
													
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