Talassemia


La talassemia, conosciuta anche come anemia mediterranea o microcitemia, è una malattia ereditaria caratterizzata da un’anomalia di uno o più geni coinvolti nella sintesi dell’emoglobina (Hb). Quest’ultima è una proteina contenuta nei globuli rossi ed è responsabile del trasporto dell’ossigeno. Nella talassemia, l'emoglobina anomala precipita all'interno dei globuli rossi, determinandone la distruzione precoce e causando così anemia.
Esistono varie forme di talassemia, a seconda della catena di emoglobina (α, β, γ, δ) che risulta geneticamente alterata:
α talassemia : le catene β, in eccesso rispetto alle α, precipitano all’interno dei globuli rossi danneggiandoli;
β talassemia : si ha un’iperproduzione di catene α che si legano alle membrane dei globuli rossi, danneggiandole; inoltre le catene α in eccesso tendono a formare aggregati tossici;
δ talassemia : le mutazioni che implicano una riduzione o un’inibizione della formazione delle catene δ sono innocue dal punto di vista ematologico e non comportano alterazioni dei parametri ematologici. Il quadro clinico ed ematologico è molto variabile, da casi del tutto asintomatici a casi con grado più o meno spiccato di anemia. In molti soggetti la condizione può passare inosservata per tutta la vita.

Cenni storici
La talassemia ha accompagnato l’uomo, e in particolare le popolazioni mediterranee, per migliaia di anni. Secondo alcuni studiosi, le prime testimonianze di alterazioni ossee tipiche della talassemia rintracciate in fossili ritrovati in Sicilia risalgono al Paleolitico; altri ritengono, invece, che la malattia sia stata introdotta in Italia nell’VIII secolo a.C. da coloni provenienti dalla Grecia.
Il termine talassemia venne introdotto nel 1932 da George Whipple e William Bradford, perché questa patologia si manifestava con particolare frequenza nei paesi affacciati sul mar Mediterraneo (dal greco thalassa). Negli anni ’40 Ignazio Gatto ipotizzò che la talassemia fosse una condizione ereditaria mortale nei soggetti omozigoti (con una mutazione sui geni dei cromosomi materno e paterno), mentre negli eterozigoti (con mutazione su un solo cromosoma) rappresentasse un tratto non patologico.
Tra il 1943 e il 1946 Ezio Silvestroni e Ida Bianco dimostrarono che la malattia era molto comune in Italia e che si manifestava solo negli individui con entrambi i genitori microcitemici. Dal 1943 al 1948 Silvestroni e Bianco condussero studi epidemiologici su tutto il territorio nazionale e prepararono la prima mappa della distribuzione della talassemia in Italia. I risultati della ricerca mostrarono la presenza di numerosi focolai microcitemici con una maggiore predominanza nelle zone del Delta del Po, in Sicilia e in Sardegna.

Talassemia e malaria
Nel 1949 il genetista J.B.S. Haldane, basandosi sui precedenti lavori di Silvestroni e Bianco, diede una spiegazione al rapporto che lega queste due malattie apparentemente così differenti. La risposta, secondo Haldane, è da ricercarsi nel vantaggio evolutivo. La talassemia, infatti, pur essendo causata da una mutazione genetica che in condizioni ambientali normali verrebbe eliminata dalla selezione in quanto svantaggiosa, ha rappresentato, nelle aree del Mediterraneo particolarmente colpite dalla malaria, un notevole vantaggio: il parassita che provoca la malaria (Plasmodium falciparum) si sviluppa normalmente all’interno dei globuli rossi dell’ospite infettato e li distrugge; i soggetti talassemici, invece, presentano globuli rossi alterati che sono più difficili da aggredire per il plasmodio. Questi soggetti non contraggono la malaria e si possono riprodurre con maggior successo rispetto agli individui non talassemici, trasmettendo, tuttavia, il gene mutato alle generazioni successive.

Epidemiologia
La talassemia rappresenta l'alterazione genetica più diffusa nel mondo: i dati raccolti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano come questa patologia sia diffusa, con frequenze relativamente alte, nella fascia tropicale e subtropicale e in una parte della fascia temperata che si estende attraverso Europa, Asia e Africa. In queste aree esistono ancora oggi circa 180 milioni di portatori sani di cui 10 milioni in Europa e nei paesi del Mediterraneo e oltre 2 milioni solo in Italia.

Le cause della talassemia
Si tratta di una malattia genetica che presenta uno o più geni difettosi che codificano per le catene globiniche dell’emoglobina.
I portatori sani hanno uno dei due geni difettoso, mentre l’altro funziona correttamente. Se due portatori sani concepiscono un figlio, possono trasmettere il gene sano o quello malato. Se il figlio riceve entrambi i geni malati sarà affetto da una forma omozigote (talassemia major), mentre se riceve solo un gene malato, sarà un portatore sano come i genitori, affetto dalla forma eterozigote (talassemia minor).
• Talassemie major: rappresentano le forme più gravi. Se non curate in tempo possono portare a morte precoce, di solito prima dei 20 anni. I sintomi si manifestano di solito entro i primi 3-6 mesi di vita e diventano evidenti a metà del primo anno di vita. Oltre all’anemia, i sintomi includono ittero, astenia, alterazioni della crescita, maggior predisposizione a infezioni, disturbi ormonali (pubertà ritardata o assente, diabete, patologie tiroidee), insufficienza cardiaca, alcune malattie del fegato (quali ad esempio epatomegalia e fibrosi epatica), calcoli biliari, formazione e maturazione delle cellule ematiche in sede anomala (emopoiesi extramidollare, che può determinare neuropatia o paralisi a causa della compressione dei nervi spinali o periferici se avviene nel midollo spinale), ipersplenismo (aumento patologico dell'attività della milza) e iperplasia del midollo osseo.
• Talassemie minor: sono prevalentemente asintomatiche o scarsamente sintomatiche; non comportano alterazione dei parametri ematologici e non presentano sintomi specifici.

Nel caso di coppie di portatori (eterozigoti), per ogni gravidanza esiste una probabilità su quattro che il figlio sia affetto da talassemia major. È possibile prevedere se il feto è affetto mediante tecniche diagnostiche specifiche.

Esami diagnostici e di routine

Gli esami di laboratorio utili per porre diagnosi di talassemia includono:
Esami del sangue che consentono di valutare stato e numero dei globuli rossi e un eventuale aumento dei livelli di bilirubina sierica, ferro e ferritina sierica.
• Se l'emocromo conferma una condizione microcitemica, mediante elettroforesi è possibile rivelare la presenza di eventuali forme anomale di emoglobina.
L’analisi mutazionale consente di individuare le forme di talassemia che non sono state diagnosticate mediante elettroforesi.
L’esame del midollo osseo viene eseguito allo scopo di individuare un’eventuale iperplasia eritroide (aumento del numero di cellule rosse del sangue).

Esami strumentali, comprendenti:
• L’esame radiografico, che rivela notevoli alterazioni (rarefazioni) delle ossa e caratteristiche strie raggiate in quelle del cranio, da cui la denominazione di “cranio a spazzola”.
• Elettrocardiogramma (ECG), per individuare aritmie o alterazioni cardiache.
• Elastometria epatica (FIBROSCAN), per misurare il grado di fibrosi epatica.
• Risonanza magnetica (RM), per valutare la concentrazione e la distribuzione di ferro in tutto l’organismo e in particolare a livello di fegato e cuore.

Terapia
Il trattamento delle forme major prevede il ricorso a trasfusioni di sangue in media ogni 2-4 settimane e un supplemento di acido folico (una vitamina del gruppo B).
Tali frequenti trasfusioni comportano tuttavia un accumulo dannoso di ferro, principalmente a livello di cuore e fegato. I danni causati in questi organi sono rilevanti, e per tale motivo sono stati sviluppati farmaci in grado di favorire l’eliminazione di ferro dall’organismo, i cosiddetti farmaci ferrochelanti; l’organismo non possiede infatti sistemi per l’eliminazione di ferro in eccesso.
La splenectomia, ovvero l’asportazione chirurgica della milza, viene spesso eseguita per ridurre l’emolisi, cioè la distruzione dei globuli rossi.
Il trapianto di midollo osseo può contribuire a curare la malattia in alcuni pazienti, soprattutto bambini. La difficoltà nell’individuazione di donatori compatibili e il rischio di rigetto che si può verificare rendono questa procedura difficoltosa.
La speranza per il futuro potrebbe essere rappresentata dalla terapia genica, ancora in fase di sperimentazione. Questa, a differenza del trapianto di midollo, prevede il prelievo delle cellule staminali dal midollo dello stesso malato, allo scopo di sostituire il gene mutato, causa della malattia, con quello sano.


Si ringrazia la SIF – Società Italiana di Farmacologia per la collaborazione

Torna all'inizio


REGISTRATI
Hai dimenticato la password?

È un corso sulle scoperte della scienza medico-farmaceutica,
in chiave storica e di attualità, sulle regole per un corretto uso dei farmaci e sulle prospettive che il mondo della ricerca può offrire ai giovani.
Il corso, già adottato in numerose classi del triennio superiore, è riservato agli insegnanti ed integralmente scaricabile.

  Disclaimer © 2007, Tutti i diritti riservati